Da dove partiamo per rendere le nostre scuole più inclusive? Secondo la formatrice e pedagogista Luisa Accardo nessun processo inclusivo è possibile senza una cultura dell’inclusione e la sua diffusione.

formazione insegnanti

Con Luisa Accardo prendiamo spunto da situazioni reali di scuole italiane analizzando alcuni aspetti della programmazione didattica per far emergere le strategie più efficaci e tentare di migliorarne la capacità inclusiva.

Questa è la scuola a cui dovremmo tendere in cui le situazioni di partenza degli studenti non rappresentano problemi da risolvere o annullare, ma diventano situazioni neutre da cui prendere il via per riuscire ad avere una progettazione e una programmazione che vada bene per tutti.

Corresponsabilità educativa e coprogettazione

È importante il linguaggio e la modalità comunicativa che decidiamo di utilizzare all’interno della scuola. Cominciamo parlando al plurale, dal noi, dall’essere un gruppo e dal fare in gruppo, persone che condividono una cultura educativa e di coprogettazione e che sono un modello, come insegnanti, per la classe. Un gruppo dove l’insegnante per il sostegno lavora e opera con gli altri docenti senza distinzione di valore.

Un gruppo di persone dove tutti gli insegnanti, compresi quelli per il sostegno, sono responsabili di ciascun alunno con o senza disabilità e dove gli alunni sono responsabili per sé e per gli altri. Un gruppo dove la progettazione coinvolge tutti, anche gli studenti.

Riconoscimento dell’altro come persona e dei suoi bisogni

L’inclusione di uno studente con disabilità parte proprio dall’identificazione dei suoi bisogni, delle sue modalità comunicative e dal suo riconoscimento come parte integrante del gruppo classe. Per esempio, un alunno o un’alunna che abbia la necessità di uscire dall’aula per tranquillizzarsi sarà accompagnato da uno o due compagni in una sala relax e non sarà allontanato, isolato e colpevolizzato.

L’aula relax, infatti, sarà pensata per essere a disposizione di tutti gli studenti con e senza disabilità che ne sentano il bisogno, non come spazio di separazione o punizione. In assenza di un’area relax, i corridoi o il giardino possono assolvere la stessa funzione. Non è importante il luogo fisico, ma il messaggio legato al riconoscimento dei bisogni della persona.

Individualizzazione dei percorsi didattici

L’individualizzazione può conciliarsi con l’inclusione e la condivisione? Nel caso di un’alunna con disabilità visiva si può immaginare una strategia inclusiva durante un’attività di disegno? In una situazione di questo tipo, ogni alunno dovrebbe essere messo nella condizione di poter scegliere come svolgere l’attività e cosa creare, prevedendo una varietà di materiali con caratteristiche diverse: dai fogli bianchi e colorati da ritagliare, ai materiali da manipolazione, di recupero. In questo modo, non ci sarà una soluzione personalizzata, ma condivisa che consente alla classe di restare nel lavoro e raggiungere lo stesso obiettivo fianco a fianco. Nello stesso tempo, viene proposto a tutti gli alunni di scegliere e di assumersi la responsabilità di come imparare.

All’individualizzazione può aggiungersi la personalizzazione, ovvero l’individuazione di obiettivi calibrati sull’alunno. In questo caso è molto importante però mantenere dei punti contatto con la classe e la massima condivisione nei tempi, nei temi trattati, nello spazio, nelle attività e nel gruppo.

Di quali strumenti e quali strategie potremmo avvalerci per fare scuola in modo più inclusivo?

Sicuramente, gli strumenti a nostra disposizione sono tanti:

  • La pedagogia dell’inclusione sempre più orientata ad approcci metodologici e strategie di lavoro molto concrete e calabili nella realtà della scuola
  • La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità
  • i nuovi modelli di PEI (Piano Educativo Individualizzato) a seconda dell’ordine e grado di scuola
  • l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) che presenta le barriere e i facilitatori all’inclusione (ambiente fisico, tecnologie, persone, atteggiamenti, servizi)
  • l’UDL (Universal Design for Learning)
  • i genitori e gli specialisti che affiancano e supportano le famiglie
  • gli stessi studenti come prima e fondamentale risorsa.

Questi sono alcuni dei temi affrontati nel percorso di formazione del progetto  F.I.R.E.! – Progetto di Formazione sull’Inclusione e Resilienza Educativa per i bambini con Sindrome CHARGE promosso da CBM con l’Associazione Mondo CHARGE e l’Istituto dei Sordi di Torino grazie al sostegno di UniCredit Foundation.

Luisa Accardo è una formatrice, pedagogista e direttrice del dipartimento servizi educativi della Fondazione dell’Istituto dei Sordi di Torino, occupandosi in particolare del coordinamento pedagogico degli educatori professionali e degli assistenti alla comunicazione nel territorio piemontese e lombardo. Inoltre, è docente nei corsi di specializzazione per il sostegno e di scienze della formazione primaria nell’ambito della pedagogia dell’inclusione per conto dell’Università degli Studi di Torino.

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