Il nostro intervento nella lotta al tracoma continua, raggiungendo 3 nuovi distretti della regione di Amhara. Questa rimane la regione più colpita al mondo per numero di contagi: sono a rischio infatti più di 22 milioni di persone.

bambini al pozzo

Il tracoma in numeri

Il tracoma è la prima causa di cecità infettiva al mondo. Si diffonde veloce dove le condizioni igienico-sanitarie sono scarse e l’accesso all’acqua è limitato.
Oggi è ancora presente in 44 Paesi, tra i più poveri del mondo, ma la buona notizia è che agendo in maniera puntuale e sistematica il tracoma si può debellare. È successo così a 13 Paesi tra cui la Cambogia, la Cina, l’Iran, il Messico e il Marocco che a settembre 2020 hanno dichiarato di aver eliminato il tracoma. I dati mondiali sembrano darci speranza: nel 2019, 142.7 milioni di persone erano a rischio di cecità da tracoma, a marzo 2020 sono diventate 137 milioni.

Questo ci indica che, nonostante il tracoma abbia già colpito oltre 1.9 milioni di persone e i numeri siano davvero enormi, l’approccio a 360 gradi con la strategia S.A.F.E. promossa dall’OMS, è efficace.

Come CBM lavoriamo contro il tracoma nella regione di Amhara dal 2014, applicando questa strategia che prevede prevenzione e cura della malattia, ma anche costruzione di sistemi idrici per portare acqua pulita, sensibilizzazione delle comunità, generando così un cambiamento reale che dura nel tempo.

Il progetto

Anche in questo nuovo progetto, implementato in 3 distretti della regione di Amhara nel nord del paese, lavoreremo applicando la strategia S.A.F.E.

Lavoreremo quindi sulla prevenzione e la cura delle persone con il tracoma attivo grazie alla distribuzione di antibiotici, agli screening e alle operazioni chirurgiche nei casi più gravi in cui il tracoma è diventato trichiasi.

visita oculistica

Ma allo stesso tempo insieme alle comunità costruiremo pozzi, dai quali donne uomini e bambini potranno attingere acqua pulita. Ogni pozzo cambierà letteralmente la vita a circa 400 persone: le corrette pratiche igieniche non permetteranno solo alle persone di prevenire il tracoma, ma anche tante altre malattie altrettanto contagiose e pericolose.
I bambini, poi, che sono coloro che solitamente si occupano dell’approvvigionamento dell’acqua insieme alle donne, eviteranno lunghe camminate sotto il sole cocente alla ricerca di pozze e sorgenti, ma potranno attingere direttamente all’acqua del pozzo del villaggio. Questo permetterà loro di frequentare la scuola e il pozzo, in quei casi, diventa segno concreto di istruzione e futuro.

La storia

Wush Ager è un piccolo villaggio disposto su di una collina: è qui che incontriamo Zina. È una donna minuta, ha cinquant’anni, è sposata e ha tre figli. Solo l’ultimo di quindici anni vive in casa con lei, gli altri sono andati via e uno è ad Addis Abeba.

Siamo una famiglia di agricoltori. Con mio marito lavoriamo i campi con teff, grano e legumi. A me poi spetta anche il lavoro in casa e l’andare a prendere l’acqua al pozzo.

ci dice Zina

Ed è proprio al pozzo che la accompagniamo. Mentre attinge l’acqua ci racconta che prima che il pozzo fosse costruito andava in uno poco lontano:

Grazie ad Anisha, l’operatrice socio sanitaria, ho capito l’importanza di usare acqua pulita. Quando i pozzi non c’erano la prendevo nel fiume o nelle pozze, per me era normale. È lì che ho contratto il tracoma, ne sono sicura.

primo piano Zina

Zina è affetta da trichiasi, l’ultimo stadio del tracoma. Mentre parliamo si strofina spesso entrambi gli occhi e ci accorgiamo che le sue pupille sono opache, quasi spente.

Ho dolore quando lavoro nei campi e quando cucino, a causa del fumo. Non riesco a vedere le piccole cose, tutti giorni faccio fatica nel fare anche le attività più semplici.

Quando le chiediamo dell’operazione risponde così:

L’ho sempre rinviata: una volta perché dovevo aiutare mio marito nel raccolto, un’altra per accudire mio figlio. La verità è che sento su di me la responsabilità della casa, della famiglia e temo che se qualcosa dovesse andare male loro da soli non ce la farebbero.

Ora che il dolore si è fatto più intenso ha deciso di farsi operare. A spronarla il fatto di essere diventata nonna: “Voglio veder crescere mio nipote”.

L’operazione, ma non solo. L’attività di sensibilizzazione alle corrette norme igieniche ha reso Zina più responsabile, come è lei stessa a dirci:

Prima non conoscevo i rischi del tracoma, ora invece so bene tutto e sto attenta a me e alla mia famiglia.

La gioia che prova nell’attingere l’acqua al pozzo ce lo dimostra.


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