In Niger sostieniamo un progetto di agricoltura per le persone con disabilità in una delle regioni più colpite da carestia e crisi alimentari. In questo Paese infatti l’insicurezza alimentare è un problema cronico, causato da cambiamenti climatici e povertà.
Grazie a questo progetto, che portiamo avanti insieme all’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, le persone con disabilità, soprattutto donne, imparano a sostenersi producendo prodotti locali, che coltivano e conservano, anche per la vendita.
Proprio come Hassia, una giovane donna che fatica a camminare a causa di una disabilità alle gambe. Vive in un piccolo villaggio nel dipartimento di Mirriah, dove carestia e siccità sono all’ordine del giorno.
Ci accoglie con un grande sorriso e ci racconta la sua storia.
Da quanti anni hai una disabilità?
«Ho problemi a camminare da quando sono piccola, non ho mai saputo esattamente perchè. Ho sempre pensato di aver ricevuto una sorta di maledizione, come se qualcuno mi avesse voluto punire per qualcosa.»
La tua famiglia e la tua comunità come hanno affrontato la tua disabilità?
«Quando ero piccola i miei genitori hanno cercato di farmi curare, ma senza alcun risultato. Ho così accettato la disabilità come parte della mia vita.
Nonostante questo, non mi è stato possibile fare molte cose, come partecipare agli eventi organizzati dalla famiglia, o portare da mangiare a mio marito mentre lavorava nell’orto. Questo non viene visto di buon occhio dalla comunità del mio villaggio.»
Come il progetto di CBM ha cambiato in concreto la tua vita?
«Il progetto mi ha dato tanto: i miei figli più piccoli hanno a disposizione più latte grazie alle capre che ho ricevuto; hanno più energie e maggiore possibilità di crescere sani.
In più, grazie al carro e all’asino che ci è stato donato, posso trasportare facilmente i prodotti agricoli che coltivo e venderli al mercato: in questo modo riesco a contribuire alle necessità della mia famiglia. La cosa più importante però è poter disporre di un piccolo reddito grazie alla vendita dei prodotti.
Dopo anni di difficoltà nell’essere accettata e integrata nella mia comunità, sono fiera di possedere qualcosa di mio. Questo per me ha un enorme valore. Adesso, finalmente, non mi nascondo più in casa e non ho nulla di cui vergognarmi perché ho la possibilità di contribuire a mantenere la mia famiglia senza temere giudizi e discriminazioni.»
Scopri il progetto “Coltivare la resilienza: agricoltura sostenibile inclusiva in Niger”