Centinaia di ragazzi e ragazze con e senza disabilità si stanno mettendo alla prova per superare pregiudizi, uscire dagli stereotipi, usare un linguaggio più rispettoso, conoscere la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità.

foto ragazzi in classe

Il progetto

Il progetto Patti di Amicizia Lunga vuole contrastare l’emarginazione e la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità in ambito scolastico con opportunità formative e di socializzazione per rafforzare autostima, fiducia nell’altro e consapevolezza.

Le attività si basano sul coinvolgimento attivo di giovani dai 14 ai 18 anni con e senza disabilità di alcune scuole secondarie di secondo grado di Milano, promuovendo comportamenti e dinamiche positive per rendere i loro contesti sociali ed educativi più inclusivi e accoglienti.

Questo progetto e le sue attività sono stati resi possibili grazie alla collaborazione di Ledha Milano, Coordinamento associativo della Città Metropolitana di Milano per i diritti delle persone con disabilità, CeDISMa, Centro Studi e Ricerche sulla Disabilità e Marginalità dell’Università Cattolica, Consorzio SiR – Solidarietà in Rete e al contributo di Fondazione di Comunità Milano.

Cosa abbiamo fatto finora?

  • Realizzato 9 laboratori che hanno coinvolto e attivato oltre 400 studenti con e senza disabilità riflettendo insieme sul tema del pregiudizio e della diversità.
  • Avviato 6 percorsi formativi per:
    • approfondire il tema della discriminazione attraverso la Convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità e il suo approccio basato sui diritti umani e l’utilizzo di un linguaggio inclusivo e rispettoso;
    • progettare un gioco educativo per facilitare il dialogo aperto, l’ascolto attivo, la conoscenza e la comprensione dell’altro.
  • Programmato attività extra curricolari per sperimentare le competenze acquisite.
foto cartellone appeso al muro

Leggi lintervista

Agostino Squeglia ha collaborato all’ideazione del progetto PAL ed è conosciuto come il “Suggenitore”, cioè genitore di una persona con disabilità che “suggerisce” attraverso la letteratura una nuova cultura della disabilità.

  • Cosa consiglieresti alle famiglie per incoraggiare le relazioni sociali del proprio figlio o della propria figlia a scuola?

«L’alleanza tra scuola e famiglia è fondamentale. Sarebbe necessario che dirigenti scolastici e docenti si ritrovassero almeno due volte l’anno in un incontro con i genitori per informarli della presenza in classe di alunno o alunna con disabilità. Allo stesso tempo sarebbe importante che genitori e figli intraprendessero un percorso di consapevolezza per realizzare una piena inclusione e partecipazione alla vita scolastica e alle relazioni sociali fuori la scuola con i compagni e le compagne di classe con disabilità».

  • Quanto e perché credi sia importante portare nelle scuole progetti come PAL?

«PAL è importantissimo perché produce immediatamente cultura del cambiamento, promuovendo comportamenti positivi sia in coloro che lo attuano sia in coloro che lo osservano, attivando un benefico processo inclusivo anche in chi gestisce il progetto».

  • Come pensi dovrebbe cambiare la narrazione della disabilità dentro e fuori la scuola?

«La scuola è la prima formazione sociale subito dopo la famiglia. Al passaggio dalla scuola secondaria di primo grado al secondo, molto spesso la discriminazione di studenti con disabilità si realizza con il costante indirizzamento, da più parti, verso le scuole professionali. Nei licei, infatti, le statistiche indicano numeri bassissimi di iscrizione di alunne e alunni con disabilità anche se, secondo la normativa vigente, alle scuole secondarie statali e paritarie di secondo grado si dovrebbe accedere senza discriminazioni. Se nei licei non si favorisce l’ingresso alle persone con disabilità, non solo si viola il principio costituzionale dell’uguaglianza ma si privano intere generazioni di studenti della conoscenza e frequentazione di vite fragili, abituandoli a modelli educativi “perfetti” e performanti che non corrispondono alla verità della vita dei diversi contesti, a danno della crescita culturale e sociale per cui non esisterà “narrazione della disabilità” nel loro percorso civico e formativo».

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