Villaggio di Shanka Tufa, Etiopia del Sud.
Siamo in macchina, ci stiamo avvicinando al luogo dove visiteremo uno dei 17 pozzi che CBM ha costruito durante i primi due anni del progetto Trachoma SAFE.
Lungo la strada rossa e polverosa che stiamo percorrendo c’è un gran viavai di donne e bambini che vanno e vengono dal pozzo; c’è chi cammina con passo spedito, con le taniche gialle vuote appoggiate sulla testa, in direzione del pozzo; c’è chi arranca un po’, con le taniche piene di acqua pulita, mentre torna verso casa; c’è chi si fa aiutare da un asinello, fedele compagno.
A fatica notiamo il pozzo, tanta è la gente che lo circonda. Intorno a noi si sente il suono di risate, di acqua che scorre con forza, di bambini che corrono. Ci sono donne che riempiono le taniche aiutandosi a vicenda nel pompare l’acqua, bambini che si divertono nel vedere la cascata di acqua che scende dal tubo e persone che ne approfittano per lavare viso e mani.
La pulizia del viso è un gesto tanto semplice quanto fondamentale per evitare di contrarre il tracoma. Fornire acqua pulita e sicura è indispensabile per far sì che ciò avvenga, ma non basta.
Occorre sensibilizzare le comunità sull’uso corretto dell’acqua.
Da lontano notiamo Mabezi, una ragazza di 26 anni: indossa un abito colorato, in una mano tiene un innaffiatoio blu, con l’altra sostiene il suo gran bel pancione. Dopo aver riempito l’innaffiatoio, ci fa segno di seguirla verso casa sua, poco distante dal pozzo. Mentre camminiamo, notiamo una latrina costruita con materiali locali; uno degli obiettivi del progetto è anche quello di costruire “latrine modello” in prossimità dei pozzi, per fare sì che ogni nucleo familiare possa riprodurre la stessa latrina facilmente appena fuori dalle loro case. Incentivare l’uso delle latrine è uno dei modi per prevenire il contagio e la diffusione del tracoma. Arrivati alla sua abitazione, ci fa attendere qualche istante e fa subito ritorno con una tanica gialla, un piccolo contenitore rosa e alcuni bicchieri per poi mostrarci come conserva l’acqua, dopo aver sciacquato i diversi contenitori.
Mabezi è fiera di mostrarci queste sue accurate azioni, ci tiene a mostrarci come mette in pratica tutte le tecniche che gli operatori sanitari di CBM hanno insegnato durante le giornate di sensibilizzazione presso il suo villaggio.
Salutiamo Mabezi e la sua famiglia, torniamo verso il pozzo che si sta pian piano svuotando. Le donne e i bambini camminano in varie direzioni, verso le loro case, ognuno soddisfatto di portare con sé una quantità di acqua sufficiente per sé e la propria famiglia.
Acqua pulita e sicura, con cui poter cucinare e con cui potersi lavare.
Anche noi siamo soddisfatti, perché Mabezi e la sua comunità ci hanno mostrato come mettono in atto le buone pratiche della strategia SAFE.
Siamo soddisfatti, ma mentre saliamo di nuovo in macchina e ci allontaniamo da Shanka Tufa pensiamo a quanta strada ci sia ancora da percorrere, quanto lavoro resti ancora da fare, quanti sforzi dobbiamo ancora compiere per assicurarci che ogni persona abbia accesso a fonti di acqua pulita e servizi igienici, a cure mediche mirate, per far sì che questa malattia, il tracoma, non colpisca più né bambini né adulti. Vogliamo assicurarci che nessuno venga lasciato indietro.
E quindi siamo soddisfatti, sì, ma sappiamo che c’è ancora molto da fare.