Il tracoma è una malattia ancora oggi diffusa nei contesti più poveri, dove l’accesso all’acqua pulita è scarso e le condizioni igienico-sanitarie sono precarie. In alcune zone del Sud Sudan ne soffre 1 bambino su 2: è qui che oggi interveniamo.

beneficiario riceve antibiotici

Ci sono malattie che i nostri nonni ancora ricordano, anche se oggi in Occidente non esistono più. Una di queste è il tracoma, una malattia infettiva che nel secondo dopoguerra era molto diffusa anche nel sud d’Italia, al punto che le persone colpite erano stigmatizzate a causa degli occhi gonfi e arrossati.

Questi, insieme a prurito e lacrimazione, sono i primi sintomi di questa grave infezione che, se non curata in tempo, fa sì che le ciglia si rivoltino verso l’interno dell’occhio, lesionando la cornea a ogni battito. A questo stadio avanzato, detto trichiasi, solo un’operazione chirurgica può salvare dalla cecità.

Un nuovo progetto in Sud Sudan

Nella Contea di Rubkona, una delle zone più povere del Sud Sudan, l’emergenza tracoma è alta: qui le condizioni igieniche precarie, sia nei villaggi sia nei campi di sfollati interni, favoriscono la diffusione della malattia, che si trasmette soprattutto tra donne e bambini. 1 bambino su 2 soffre di tracoma e rischia la cecità: un bambino privato della vista incontrerà enormi ostacoli per andare a scuola, imparare un lavoro e costruirsi una famiglia.

Per questo sono migliaia i bambini come lui che vogliamo raggiungere con un nuovo progetto distribuendo antibiotici per assicurare una copertura dalla malattia all’80% delle persone che vivono nella contea, in modo da fermare il contagio.

Dall’Etiopia al Sud Sudan

La lotta al tracoma che portiamo avanti dal 2014 in Etiopia, e ora anche in Sud Sudan, si basa su progetti che applicano la strategia S.A.F.E. dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che prevede:

  • operazioni chirurgiche (Surgery),
  • distribuzione di antibiotici (Antibiotics),
  • educazione alle corrette norme igieniche (Facial cleanliness),
  • costruzione di pozzi e latrine (Environmental Improvement).

Lavoriamo su tutte e quattro queste componenti, con un forte coinvolgimento delle comunità locali.

distribuzione antibiotici

Non solo cure mediche: punto di forza dei nostri progetti è il lavoro insieme ai partner locali e alle comunità. Per portare un cambiamento concreto nelle abitudini e nei comportamenti collettivi è necessario coinvolgere gli abitanti dei villaggi, gli studenti nelle scuole, gli insegnanti, gli operatori e i leader di comunità affinché trasmettano un messaggio importante: il tracoma si può prevenire.

Il tracoma tra disabilità e povertà

La strategia S.A.F.E. ci permette di avere un approccio a 360 gradi non solo curando ma anche prevenendo il tracoma. Questa malattia è uno degli esempi di come povertà e disabilità siano collegate tra loro: per chi è costretto a vivere in condizioni di estrema povertà – ad esempio non ha accesso all’acqua pulita e vive in condizioni igieniche precarie – il rischio di contrarre il tracoma è molto alto. Se non si interviene, il tracoma porta alla cecità totale e quindi a una disabilità permanente e chi ha una disabilità nei Paesi in Via di sviluppo molto spesso rimane escluso da educazione, lavoro, opportunità.

logo break the cycle

Per questo è importante lavorare sia sulla cura che sulla sensibilizzazione e la prevenzione, ma anche sul cambiamento dei comportamenti nelle comunità: è in questo modo che si spezza il ciclo tra povertà e disabilità.

persone anziane ricevono antibiotici

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operatori cbm in azione in Sud Sudan

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