Don Virginio Colmegna da mezzo secolo lavora accanto ai più fragili: poveri, migranti, malati. Una vita segnata dall’incontro con le persone, anche con disabilità, a cui negli ultimi anni si dedica con amore e attenzione.

Un impegno che accomuna l’Associazione SON – Speranza Oltre Noi, che ha contribuito a fondare, a CBM, insieme per l’inclusione delle persone con disabilità.

Don Virginio Colmegna

Dove nasce l’impegno per le persone con disabilità?

«Nasce dalla mia storia di prete e uomo che ha sempre desiderato incontrare le persone, a partire dai più fragili, seguendo il monito del Cardinal Martini: “Vai a sperimentare l’ascolto degli altri”.
È nata così negli anni Ottanta la comunità Parpagliona, nella periferia milanese, aperta a persone con disabilità e loro familiari. La comunità è nata dove c’era una villetta, piena di rose: per noi un segno, un simbolo.»

Io stesso ho vissuto lì undici anni, insieme a persone con disabilità psichiche e i loro familiari: le storie delle persone con disabilità hanno segnato la mia vita. Grazie a loro ho compreso che a partire dalla fragilità e debolezza si riescono a costruire legami di comunità, fraternità, amicizia.

Don Virginio Colmegna

«Dopo questa esperienza, e dopo undici anni in cui ho diretto la Caritas ambrosiana, sono tornato nuovamente alle radici dell’aiuto: è nata così nel 2004 Casa della Carità, a Nord-Est di Milano, che accoglie oggi 442 persone».

Cos’è SON e qual è il significato?

«Dall’esperienza diretta coi familiari di persone con disabilità è emerso forte l’interrogativo: “Cosa accadrà ai nostri figli dopo di noi?”. Per questo è nato il progetto SON, che significa “Speranza Oltre Noi”, uno spazio in cui dare ristoro alle famiglie durante e dopo il “noi”, che possa accoglierle insieme ai propri figli: non a caso in inglese SON significa “figlio”.
Lo spazio ospiterà tre nuclei familiari, dove le persone con disabilità potranno sperimentare l’autonomia vivendo in un appartamento collegato a quello dei propri familiari.»

SON vuole essere fortemente radicata nel quartiere e “affidata” alla comunità in un appello alla fratellanza, come insegna Papa Francesco nell’Enciclica “Fratelli tutti”.

«La casa di SON, il cui cantiere – avviato a dicembre 2020 – sarà concluso nella primavera prossima, sta ricevendo la solidarietà e gli aiuti di tanti che hanno risposto al nostro appello, come CBM Italia, a cui ci legano valori comuni che vanno al di là di una semplice collaborazione. Abbiamo immaginato di dare il via a un villaggio di solidarietà, che generi speranza, facendo nostro il passo della Bibbia: “Sperare contro ogni speranza”, che significa aprire brecce dove ci sono muri, tenere vivo l’ascolto degli altri non per tradurlo in un pietismo diffuso, ma per prendere coscienza delle nostre responsabilità».

Qual è il messaggio principale del Convegno «Fare la differenza nell’indifferenza» promosso con CBM?

La disabilità è promotrice di una cultura solidale: necessita di abbattere barriere, di accedere alle cure, alla scuola, ai servizi di cui beneficiano tutti, persone con e senza disabilità.

«Il lockdown ci ha interrogato fortemente, abbiamo ricevuto tantissime chiamate di familiari di persone con disabilità che non ce la facevano più. La pandemia ha messo in luce debolezza e bisogno di solidarietà e che dolore e sofferenza possono diventare un legame tra le persone».


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