Nel suo viaggio Cristina Carpinelli raccoglie storie di persone con disabilità e storie di chi vive situazioni di vulnerabilità, esplorando i vari ambiti della vita: dalla casa, al lavoro, all’autonomia, alle relazioni, in un dipanarsi di mancanze, assenze, diritti negati, indifferenza, esclusione.

cover libro

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  • Da dove arriva la spinta a scrivere questo libro?

«La spinta è nata dall’osservazione: nella mia trasmissione su Radio24 che si occupa di temi sociali, mi sono accorta via via che incontravo questi due ambiti di esclusione sociale: una determinata da fragilità economica e l’altra determinata dall’avere una disabilità. Il passo successivo è stato capire che tale fragilità non è un punto di partenza ma piuttosto un punto di arrivo, perché siamo stati noi, come società, a creare questa fragilità quando avremmo potuto fare il contrario e includere, progettare una società in cui ciascuno potesse esprimersi per ciò che è in un dato momento.

Invece l’esclusione a cascata genera fragilità. È un punto di vista supportato dai dati: usciti dal Covid ci siamo accorti di una sempre maggiore esclusione sociale, difficoltà per alcune parti della società e abbiamo continuato ad affrontarlo come fosse una conseguenza del Covid. In realtà penso che il Covid abbia semplicemente “tolto il tappo” a un sistema che non funzionava più, che definiva la dignità delle persone in base al reddito.

Mi sono accorta che per portare all’attenzione questo tema avrei potuto raccontare le storie, di alcune di quel 15% di persone con disabilità che vivono in Italia. Ne è venuto fuori un racconto in prima persona degli incontri che ho avuto in questi anni con persone, famiglie, associazioni, che a me hanno cambiato la vita. Ho voluto restituire un po’ di questa bellezza che ho ricevuto anche dai lettori. Ho messo quindi i volti, le storie di chi ho conosciuto in questo libro, come atto di gratitudine, perché queste persone stanno costruendo un nuovo modello sociale. Non possiamo più pensare che un modello competitivo, di sfruttamento, quale quello attuale sia destinato a durare e possa garantirci un futuro. Ne è venuto fuori un racconto che è lo spaccato di un Paese che da una parte resiste e combatte e dall’altra cerca di educare anche le istituzioni a fare un passo avanti.

Il filo rosso che lega queste testimonianze è che dobbiamo esserci tutti in questa storia: dobbiamo capire che se le cose funzionano per il più forte e non per il più debole, alla fine non funzioneranno neanche per il più forte. Ad esempio, sappiamo che ci sono pochissimi ragazzi con disabilità nei licei, ma tanti negli istituti professionali: non c’è nulla di male, se fosse una scelta, ma spesso è una tappa obbligata. Se i ragazzi più fragili vengono lasciati indietro, questo ha una ricaduta su tutto il sistema sociale. Vorrei che questo libro servisse a fare luce su questo».

  • Qual è l’aspetto relativo alla disabilità che dovrebbe essere affrontato con maggiore urgenza?

«Il primo tema è la comunicazione alle persone con disabilità e alle loro famiglie dei propri diritti, da parte delle istituzioni: ho conosciuto la mamma di una bimba con malattia neurodegenerativa, che ha scoperto da sola di avere dei diritti perché nessuno glielo aveva mai spiegato. Non tutti hanno accesso alle informazioni e questo talvolta porta le persone a chiudersi, accettando di essere escluse. Questa è un’ingiustizia generata dalla mancanza di una buona informazione. Se tu sai che la società in cui vivi ti garantisce una serie di cose, ti senti rappresentato.

Un altro tema importante è l’esclusione culturale: la cultura non può permettersi di essere esclusiva, trovo sia una cosa su cui chi fa cultura debba interrogarsi: un teatro non può essere solo per alcuni e non per altri. La cultura è emblema di una società, dovrebbe essere aperta a tutti.

Il tema di fondo è che se una persona con disabilità vuole diventare attore deve potarlo fare; è un tema che ha a che fare con la realizzazione dei propri sogni, che deve essere possibile per tutti. I sogni mancati creano un malessere collettivo…questo ci riguarda tutti.

Altro tema è il lavoro: sul lavoro si gioca una partita importantissima, le persone con disabilità spesso sono escluse, come anche le persone che non hanno potuto “agganciare” l’ascensore sociale. Qualcosa però sta cambiando e sono fiduciosa che le cose miglioreranno: in questo senso il libro è anche un atto di speranza».

  • Quanto è importante portare la Convenzione nelle scuole perché la promozione dei diritti delle persone con disabilità diventi una questione di responsabilità collettiva e non individuale?

«È fondamentale, insieme agli articoli della nostra Costituzione che parlano di inclusione, di diritto all’accesso per tutti i cittadini come l’art.1, 2, 3 ma anche 24, 32 e 38: già conoscere questi articoli basterebbe. In più noi abbiamo voluto ratificare la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità: ecco penso andrebbe studiata insieme alla Costituzione.

Sapere quali sono i tuoi diritti ti serve, ti servirà quando capiteranno delle ingiustizie verso di te o verso gli altri.

Il progetto «Sono inclusivo» realizzato da CBM con il liceo Volta di Milano, ad esempio, è innovativo proprio perché fa uscire i ragazzi dalla loro «bolla». Quando li ho intervistati mi hanno raccontato con grande sincerità che prima di partecipare al progetto quasi nessuno di loro aveva un amico con disabilità, mentre ora ce l’hanno. Il tema dell’amicizia, specie per i ragazzi, è fondamentale: perché un ragazzo con disabilità deve vivere come un lusso il fatto di avere un amico? I ragazzi che hanno partecipato sapranno avere un’attenzione diversa agli altri, a chi ha una disabilità o una fragilità e questo genera un vivere migliore per tutti.

Sulla carta avremmo già tutti gli strumenti per intervenire, ma molti restano sconosciuti. La Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, per esempio, mette nero su bianco i valori di un mondo in cui ognuno di noi è chiamato a partecipare attivamente, eppure pochissimi ne hanno sentito parlare.

Per fortuna, da questo libro emergono anche piccole grandi storie di nuove generazioni pronte a prendersi carico di una responsabilità sociale per combattere la discriminazione, l’ingiustizia, l’esclusione».

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